Perforazione Esofagea
La perforazione dell'esofago va considerata come la più seria e la più rapidamente fatale di tutte le perforazioni del tubo digerente. Nonostante si verifichi piuttosto di rado, questa evenienza riconosce diverse cause, spesso iatrogene.
La prognosi dipende soprattutto dalla rapidità della diagnosi e dalla scelta del trattamento instaurato in prima istanza. Le opzioni terapeutiche sono però molteplici. Anche se talvolta è possibile, in condizioni ben definite, un trattamento non operatorio, nella maggioranza dei casi il trattamento è chirurgico e deve essere attuato il più rapidamente possibile.
La sutura diretta della perforazione è raramente risolutiva ed è indicata solo in presenza di perforazioni recentissime; sono state proposte molte tecniche, quali i lembi di rinforzo delle suture o la fistolizzazione diretta se possibile anatomicamente. In presenza di patologia esofagea pregressa, può essere raccomandabile eseguire una resezione esofagea per asportare la lesione assieme alla perforazione. Nei casi più gravi il ricorso all'esclusione esofagea resta talvolta l'unico metodo per controllare l'infezione pleurica o mediastinica persistente.
L'instaurarsi di una mediastinite, possibile anche dopo poche ore dalla perforazione, costituisce una complicanza estremamente severa e ad alta mortalità, che richiede un approccio multidisciplinare aggressivo e tempestivo.
Sindrome di Boerhaave
La sindrome di Boerhaave descrive una rottura spontanea dell'esofago. Viene generalmente causata dall'eccessivo rigetto che accompagna alcuni disordini alimentari comeanoressia e bulimia, anche se in rari casi può essere provocato da una tosse forzosa o da altre situazioni. Può dar luogo a uno pneumomediastino o a mediastinite e, conseguentemente, a sepsi. Tale condizione è stata documentata per la prima volta del medico olandese Herman Boerhaave, da cui prende il nome.
La sindrome sopraggiunge tipicamente a seguito di forte vomito. Consiste in una perforazione transmurale dell'esofago (ossia dell'intera parete), distinta dalla sindrome di Mallory-Weiss, che è una lesione non-transmurale dell'esofago, anch'essa associata al vomito. Dal momento che è generalmente associata al vomito, di solito la sindrome di Boerhaave non è spontanea. Comunque, il termine è utile per distinguerla dalla perforazione iatrogena, che costituisce l'85-90% dei casi di rottura esofagea, spesso come complicazione di una procedura endoscopica, alimentazione da sondino, o chirurgia ad essa non correlata. La Sindrome di Boerhaave è spesso considerata una complicazione della bulimia. La triade classica di Meckler riguardo ai sintomi include il vomito, dolore nella parte bassa del torace e enfisema sottocutaneo a seguito di abuso di cibo o alcool, ma ciò si osserva in meno della metà dei casi. Gli esiti più comuni a seguito di radiografie toraciche per quanto riguarda le rotture esofagee spontanee (SER) sono: versamenti pleurici (91%) e pneumotorace (80%). Il sintomo iniziale del problema può essere lo pneumomediastino o l'enfisema sottocutaneo. Fino al 12% dei pazienti sofferenti di SER possono risultare negativi ad una radiografia del torace. Una radiografia esofagea con mezzo di contrasto è diagnosticamente efficace nel 75%-85% dei casi.
Si pensa che la rottura esofagea nella Sindrome di Boerhaave sia il risultato di un improvviso aumento della pressione interna esofagea prodotto durante il vomito, quasi come un effetto di non coordinazione neuromuscolare che impedisce il rilassamento del muscolo cricofaringeo (uno sfintere che si trova all'interno dell'esofago). La Sindrome viene comunemente associata all'eccessivo consumo di cibo e/o alcool. La localizzazione più comune della lacerazione è nella parete posterolaterale sinistra del terzo tratto dell'esofago, 2–3 cm prima dello stomaco.