Acalasia
Che cos'è?
E’ il disordine motorio primitivo più frequente dell’esofago. E’ tuttavia una malattia molto rara, con un tasso di incidenza di 0.6-1 nuovi casi / 100.000 abitanti /anno. I pazienti che ne sono affetti possono richiedere l’esenzione alla partecipazione alla spesa sanitaria (ticket).
Che cosa la determina?
L'eziologia è ancora sconosciuta.
La alterazione primitiva è di tipo neuromuscolare, anche se il punto preciso della lesione non è, a tutt'oggi, conosciuto. Vi sono alterazioni dei plessi nervosi intramurali, e delle fibre vagali; vi è una ipersensibilità delle fibrocellule muscolari ad agenti colinergici o anti-colinesterasici (ipersensibilità da denervazione).
Il disordine fisiopatologico di base è costituito dal mancato rilasciamento dello SEI alla deglutizione, e dalla completa perdita della coordinazione peristaltica delle contrazioni del corpo esofageo. Non è ancora noto se ciò sia contemporaneo o se la perdita della peristalsi sia conseguente all'ostacolo di uno SEI che non si rilascia adeguatamente.
Come si manifesta?
La malattia si manifesta a qualunque età, comprese le estreme; i due sessi sono egualmente rappresentati. Il sintomo principale è dato dalla disfagia, cioè dalla difficoltà di deglutire il cibo, presente nel 99% dei pazienti. In genere la storia è lunga, in quanto la disfagia si presenta anche molto prima delle alterazioni radiologiche ed endoscopiche caratteristiche. Spesso i pazienti vengono etichettati come neuropatici. Altre volte la insorgenza della disfagia è rapida e, raramente, può essere "paradossa", più pronunciata cioè per i liquidi che per i solidi. In genere, specie all'inizio, è capricciosa, più accentuata durante periodi di stress. Si accompagna quasi sempre a rigurgito di cibo non digerito (78%), sintomo che si manifesta in genere più tardi, quando l’esofago si dilata. In tale fase sono frequenti aspirazioni, con broncopolmoniti recidivanti (12%). Alla disfagia e al rigurgito si accompagna un calo ponderale, spesso importante. Il dolore è un sintomo meno frequente, ed in genere si osserva nelle fasi iniziali della malattia, ed è forse espressione della contrazione muscolare del corpo esofageo. Altre volte infine, unico segno della malattia può essere una alitosi persistente, dovuta al ristagno alimentare endoesofageo.
Che esami sono necessari per la diagnosi?
La radiografia del tubo digerente (prime vie) è il test principale per la diagnosi, e quasi sempre è diagnostico: l'aspetto del viscere dilatato, ripieno anche di ingesti, con restringimento a coda di topo del cardias è patognomonico. Nelle fasi iniziali, unico segno può essere un ristagno del mezzo di contrasto nel lume esofageo, con immagine di livello, con rapido svuotamento per gravità (effetto Hurst) quando la pressione idrostatica della colonna del bario ingerito supera quella dello SEI, forzandone il rilasciamento.
La endoscopia può essere, nelle fasi iniziali, del tutto negativa. Nelle fasi conclamate essa conferma la dilatazione viscerale e quantifica una eventule esofagite da stasi. Il cardias in genere è in atteggiamento di chiusura, sondabile con sensazione di "scatto".
Ma l'utilità della endoscopia, e la necessità di eseguirla sempre, consiste nel dirimere la diagnosi differenziale tra acalasia e pseudo-acalasia, escludendo cioè le alterazioni (adenocarcinoma del cardias o del fondo gastrico, stenosi peptiche del cardias o sua infiltrazione ab estrinseco) che possono determinare una ostruzione del cardias con dilatazione dell’esofago a monte. L'ecoendoscopia può rivestire un notevole ruolo nei casi dubbi, ma è raramente necessaria. Prelievi cito-istologici vanno sempre eseguiti a livello cardiale e nelle aree sospette (eventualmente dopo colorazione vitale), anche per la possibile degenerazione neoplastica della malattia (2-3%).
La manometria esofagea è il test funzionale che consente una diagnosi di certezza. La pressione basale dello SEI può essere aumentata rispetto alla norma ma, più frequentemente, è nei limiti di norma: la sua caratteristica è comunque il mancato rilasciamento alle deglutizioni (Fig). A ciò si accompagna la presenza di contrazioni esofagee simultanee in tutti i siti di registrazione. Ciò può essere dovuto ad un effetto "camera comune" del viscere dilatato e ripieno di ingesti, in cui l'aumento di pressione determinato dal bolo deglutito si trasmette inalterato su tutti i punti della colonna di liquido. In tale caso le contrazioni, oltre che essere simultanee, sono di bassa ampiezza e presentano morfologia simmetrica (contrazioni isobariche)(Fig.). Altre volte, quasi esclusivamente negli stadi precoci, esse sono simultanee, ma di ampiezza quasi normale e non simmetriche. Tali quadri sono da alcuni chiamati "acalasia vigorosa" (Fig). Vi è spesso, infine, un aumento della pressione basale endoesofagea (normalmente negativo rispetto alla pressione intragastrica), dovuto alla stasi endoluminale: quando presente, è questo un segno di malattia scompensata.
La pH-metria esofagea non è in genere indicata. Lo diventa dopo la terapia (endoscopica o chirurgica per evidenziare la comparsa di una eventuale malattia da reflusso post-operatoria o post-dilatazione.
Come si può curare?
Non essendo nota la causa della malattia, non è possibile una terapia eziologica. La terapia è quindi solo palliativa, e mira ad abbattere l'ostacolo di uno SEI non rilasciantesi.
La terapia medica non è in genere efficace. Vi sono alcuni studi che dimostrerebbero una parziale efficacia dei Ca-antagonisti e dei nitroderivati, ma il ruolo della terapia medica è solo in quei pazienti che non possano tollerare trattamenti più invasivi per le loro condizioni generali, o che le rifiutino. La terapia medica è invece utile nel periodo di attesa tra la diagnosi e la disponibilità di un Centro specializzato ad effettuare il trattamento risolutivo.
I trattamenti più efficaci per tale malattia sono di 2 tipi: endoscopico e chirurgico.
Terapia endoscopica. Consiste essenzialmente nella dilatazione pneumatica del cardias. Essa viene eseguita mediante appositi dilatatori introdotti attraverso la bocca, su una guida metallica (posizionata oltre il cardias per via endoscopica). Con il paziente in sedazione, si posiziona il dilatatore a cavallo del cardias. Il dilatatore è costituito da un palloncino cilindrico inestensibile, lungo circa 12 cm, con diametro di 2.5, 3, 3.5 o 4 cm. Una volta in sede, il palloncino viene gonfiato per 1 min. ad una pressione di 15 PSI. In genere, una o due dilatazioni sono sufficienti per un buon risultato. Con tale metodica, si ottengono il 60-70% di buoni risultati a distanza. Il rischio di tale procedura è quello della perforazione esofagea, con un rischio cumulativo di circa il 3 %. Più recentemente è stata introdotta l’iniezione endoscopica di tossina botulinica a livello del cardias.
Terapia chirurgica. La miotomia extramucosa (sec. Heller) consiste nella sezione longitudinale a tutto spessore, sino cioè a visualizzare il piano sottomucoso, della muscolatura esofagea cardiale (per 6-7 cm verso l'alto e per 1-2 cm sul versante gastrico). Tale intervento veniva eseguito attraverso una incisione chirurgica al torace o all’addome ma attualmente, dopo l'avvento delle tecniche mini-invasive, l’accesso è tramite laparoscopia e viene associato ad una plastica antireflusso per evitare l'insorgenza di una MRGE post-operatoria. Nella esperienza nostra e della maggior parte della Letteratura, con tale intervento si ottengono risultati buoni od ottimi in più del 90% dei pazienti trattati. Il trattamento chirurgico laparoscopico è quindi il trattamento di scelta della acalasia, riservando il trattamento endoscopico (con dilatazione o con iniezione di tossina botulinica) ai pazienti con rischio operatorio elevato o che rifiutino l'intervento.