L'esofago di Barrett

Esofago di Barrett

Con tale termine si intende una condizione in cui la normale mucosa squamosa pluristratificata dell'esofago tubulare distale venga sostituita, per una lunghezza di almeno 3 cm dalla giunzione gastro-esofagea, da epitelio cilindrico.  Questo può essere costituito da tre tipi cellulari: tipo fundico, con cellule simili a quelle del fondo gastrico (cellule principali e parietali); tipo giunzionale, simile all'epitelio cardiale (con cellule mucose, senza cellule principali e parietali); tipo intestinale specializzato, presente in nessun'altra parte del tratto intestinale. Quest'ultimo tipo è il più comune, e quello che più frequentemente va incontro a degenerazione maligna. E’ anche accettata la diagnosi di esofago di Barrett basata sulla presenza di una mucosa cilindrica estesa per meno di 3 cm, purché sia presente epitelio di tipo intestinale specializzato (cosiddetto “short-Barrett”).

E’ ormai dimostrato che l'esofago di Barrett è una condizione acquisita, risultante da un reflusso gastro-esofageo cronico, che determina la distruzione del normale epitelio e la sua sostituzione con cellule cilindriche risalenti dalla giunzione gastro-esofagea.  L'aspetto endoscopico è tipico, con una mucosa rosea che ricopre l'esofago tubulare distale al di sopra della giunzione esofagogastrica: la linea Z appare quindi risalita di alcuni cm, e nei casi estremi sino all'arco dell'aorta e oltre.  Tuttavia, in caso di esofagite consensuale, l'esatta locazione della linea Z è difficile, per cui sono necessari prelievi bioptici seriati (ogni cm dalla giunzione esofago-gastrica) per la documentazione della malattia e della eventuale displasia o degenerazione.

L'esofago di Barrett è presente nel 10-15 % dei soggetti che si sottopongono a endoscopia per sintomatologia da reflusso, ma la reale incidenza, data la frequente asintomaticità, è molto più elevata.  L'interesse per tale condizione è dato dalla sua accertata natura pre-cancerosa e dalla possibilità di una progressione della metaplasia benigna a displasia lieve, media e grave, e a neoplasia.  Il reale rischio di trasforazione carcinomatosa non è noto: in studi retrospettivi esso è stato calcolato tra 30 e 125 volte più elevato che nella popolazione generale.

A parte i casi di “short-Barrett”, sempre più frequentemente diagnosticati ed in cui ancora non sono chiaramente definiti substrato fisiopatologico, evolutività ed indicazioni terapeutiche, vi è un generale consenso sulla necessità di trattamento aggressivo in ogni caso di esofago di Barrett classico (> 3 cm).  Il trattamento medico deve essere aggressivo (omeprazolo o derivati, a dosi piene, in associazione con mucoprotettori) e continuato.  Tuttavia, data la frequente presenza di una componente “biliare”, la terapia medica non garantisce completamente il blocco del reflusso gastro-esofageo, pur riducendolo drasticamente: solo l’intervento chirurgico di plastica antireflusso, ripristinando una barriera tra esofago e stomaco, può abolire completamente la patologica esposizione dell’esofago distale al succo gastro-enterico.  Va comunque detto che l’interevnto, pur abolendo il reflusso, solo raramente determina una regressione dell'epitelio colonnare.  Una displasia di grado lieve può invece regredire con l'intervento chirurgico.  Data la impossibilità di distinzione tra displasia grave e carcinoma in situ, questa va considerata una precisa indicazione alla resezione.

In ogni caso, i pazienti affetti da esofago di Barrett necessitano di una sorveglianza endoscopica e bioptica "ad vitam", sorveglianza che diventa più frequente in caso di displasia.